Se c’è una cosa che adoro del
Progetto Erasmus è che ti permette di sviluppare interessantissimi rapporti socio-culturali, semplicemente infilando il tuo uccello all’interno di viziose troiette spagnole di cui a stento ricordi il nome.
Lungi da me voler travisare il puro e sobrio intento didattico, che illustri luminari hanno voluto affidare a questo progetto giustapponendovi il nome del padre dell’ "Elogio della follia".
Ma è innegabile il fatto che con il mio sunto, io non abbia fatto altro che portare alla luce il messaggio da egli esplicitato nella massima: “la figa ha sempre ragione”.
Certo, perché l’Erasmus, e qui mi rivolgo ai niubbi che ancora non lo sanno, ti permette di scopare.
Ed anche parecchio, se tieni sufficientemente alto il prezzo d’affitto.
L’importante è prendere le dovute precauzioni, in modo da tenersi lontano dai rischi. Tipo quello che scoprano che non sei affatto il figlio del loro padrone di casa. O che i soldi della caparra non verranno loro rimborsati.
E’ bene esserne consapevoli: le uniche lezioni a cui assisterai militando nel tuo integerrimo impegno di comunione tra i popoli si chiameranno: Angela, Yulia, Esther, Danica, Beth e richiederanno ore ed ore di studio.
More, rosse, turchine, con i rasta, senza capelli, ossigenate.
Tutto ciò che di più assurdo Iddio possa aver originato da due costole, verrà da te rigorosamente analizzato, valutato e succhiato con vigore.
E nel momento in cui crederai d’aver imparato tutto dai tuoi faticosi mesi di apprendistato, giungerà lei a scompaginare la tua personale Matrix interamente composta da posizioni del Kamasutra.
Lei: l’eletta.
Quella di cui sentivi bisbigliare lungo i muri della scuola.
Colei che tutti i tuoi amici giurarono d’aver vista in discoteca armata solo di lattina e di un vago sorriso di compiacimento.
Lei, l’unica e sola, vestita di un abbacinante alone di misticismo ricamatole da legioni di pippaioli ormai relegati a sostentarsi di solo porno-braille.
Lei, lo schizzo bianco sulla parola “aaaaaahhh”.
La celeberrima indiscussa ed mai dimenticata: Ninfomane.
Una mangiatrice di uomini così attizzata e perversa da farti sentire sul set di Basic Instinct.
Ma con punteruoli di colori e dimensioni differenti da quanto la tua fallace memoria ricordasse.
E soprattutto ben lubrificati.
Novità che apprezzerai non appena li vedrai eclissarsi nei punti meno accessibili al tuo ego mortificato.
Checché ne dica Rutelli, le ninfomani non nascono sugli alberi, anzi sono rarissime.
Perciò se ti accorgi di starne stringendo un esemplare tra le mani, nella migliore delle ipotesi, passerà parecchio tempo prima che ne arrivi un’altra.
Un po’ come per gli Interisti con la Champions.
A dispetto di tutte le storie di sesso fugace e non protetto che un giorno svaniranno come lacrime nella pioggia dalla mia memoria, quello che nel mio caso giammai cadrà nell’oblio è l’incontro con la mia, purtroppo unica, ninfomane.
La mia divinità: l’Afrodite del nuovo millennio, la sola ed inarrivabile Dea del Bondage. Ma voi potete chiamarla Jekki.
Jekki il più bel regalo che Babbo Natale mi avesse mai recato dalla Scandinavia.
E con quattro mesi d’anticipo sulla mia consueta letterina a Hugh Hefner.
Jekki: un metro e settanta di cattive intenzioni, dislocate in curve generosissime.
Un corpo così provocante e lascivo da ricordarmi la sirenetta.
E questo, ancor prima d’infilarle un merluzzo su per il culo.
All’inizio fu una storia come tante. Se siete pratici dei
porno vintage.
Facevo l’idraulico e fui contattato da una conturbante signorina per andarle a riparare un tubo. Sapete già come andò a finire: gonfiai a dismisura il prezzo della guarnizione e non le rilasciai ricevuta.
Ma proprio mentre scendevo le scale per uscire dal palazzo, udii un rumore sordo provenire dalle cantine. Mi avvicinai incuriosito e notai con estremo stupore, misto a disappunto e bava, che da una porta socchiusa, un paffuto uomo in camice stava cospargendo il corpo di Jekki di una sostanza bianca che non ne voleva sapere di scomparire.
Beh, io non sono un esperto di questa roba, ma sono tuttora piuttosto sicuro che non si trattasse di uno studio sulle
scie chimiche.
A meno che questo episodio fosse stato appositamente pianificato dai teorici del complotto in combutta con i grigi e la troupe di Voyager.
Non che lei si dilettasse con queste idiozie da nerd sfigati.
“Per quanto si dicesse realmente affascinata dal concetto di lucro riguardo all’emissione di liquidi, difficilmente si sarebbe interessata a comprendere le subdole implicazioni del
Signoraggio” mi confermò il tizio in camice mentre rivestendosi si apprestava a lasciare l’edificio.
Incurante di tale osservazione di avvicinai per contemplare quel magnifico mondo chiamato
Bondage. Fu così che conobbi Jekki.
“Fu amore a prima vista” per usare le parole di Seka sul suo primo incontro con l’attrezzo di John Holmes. L’aiutai a sciogliere tutti i nodi che la tenevano soggiogata ad un Ciao 50cc del ’92 ed uscimmo insieme a riveder le stelle.
Difficile dimenticare ciò che successe dopo, ma avendo abbondantemente sforato lo spazio e la pazienza del lettore medio di questo Blog (ossia me medesimo, e vi garantisco che ho ben altro da fare che leggere tutte le stronzate che scrivo) mi limiterò a vagheggiarle il seguito privatamente nell’angolo più buio dei cessi della stazione centrale.
Sempre che non stia solo preparando il campo al secondo episodio di questa appassionante vicenda.
O che non vi stia semplicemente prendendo tutti per il culo.
Ah, quasi dimenticavo: Buon Otto per Mille a tutti!!
Cortez